domenica 28 ottobre 2012

PANE DOLCE DEL SABATO, con pasta di mandorle, zenzero e agrumi




Il premio Nobel per la letteratura Saul Bellow una volta disse: "Gli oppressi tendono ad essere spiritosi".
La rivista Time, nel 1979, in un articolo riportava il fatto che, nonostante solo il 3% dei cittadini americani fosse di origine ebraica, ben l'80% dei comici dell'epoca erano Ebrei. 
Io non sono nessuno, non corro il benche' minimo rischio di vincere un Nobel, a meno che non istituiscano quello per lo scemo del villaggio e se anche fosse la concorrenza sarebbe agguerritissima, e su Time potrei forse pubblicare un annuncio economico, ma ho anch'io da dire la mia: ho sempre pensato che l'ironia e, soprattutto, l'autoironia siano l'espressione piu' divertente dell'intelligenza umana.  
Lo so, avevo promesso. Avevo promesso che per questo MTC sarei stata seria. L'ho fatto, anche. Ho chiuso a chiave il "condominio", per la gioia della sciura Deborah e del dottor Super. L'ho tenuta a bada, per un po', la mia innata scemitudine, ma lei non ha fatto altro che accumularsi dietro alla diga di contegno che avevo diligentemente costruito per arginarla. Si e' ingrossata fino a diventare incontenibile e alla fine e' straripata, travolgendo ogni mio proposito di serieta'. A mia discolpa, devo dire che l'umorismo ebraico, nel quale sono piu' volte incappata nel corso delle mie ricerche, ha contribuito non poco allo straripamento. L'argomento e' talmente affascinante ed istruttivo...ok, ho capito...e' talmente divertente, che ho finito col concentrarmi solo su questo aspetto della cultura ebraica, aiutata dal fatto che in rete esistono centinaia di siti che vi si dedicano. Attenzione: sono siti seri, di Ebrei per Ebrei o per chiunque sia seriamente interessato ad approfondire la conoscenza della loro cultura, della loro storia o della loro religione, ma ognuno di essi ha almeno una pagina dedicata all'umorismo. Vi si trovano video, immagini, barzellette e articoli umoristici che toccano ogni argomento della quotidianita': dalla politica all'economia, dai rapporti interfamiliari alle regole sociali e anche la religione, con le sue leggi e la sua influenza sul comportamento individuale, non e' minimamente risparmiata. Del resto pare che l'umorismo ebraico abbia una lunga tradizione, che si puo' far risalire alla stessa Torah e nel Midrash, uno dei testi di interpretazione delle Sacre Scritture, si legge che "Dio ride ed essendosi sconsideratamente eletti come suo popolo, gli Ebrei non possono far altro che ridere di loro stessi" (M. Ovadia, L'ebreo che ride )
Ma cosa si intende esattamente per umorismo ebraico? Se intendessimo solo le barzellette, potremmo senz'altro dire che gli ebrei raccontano un sacco di barzellette che hanno degli ebrei o degli scenari ebraici come protagonisti, ma che sono simili a quelle di molte altre culture: in questo senso non hanno nulla di ebraico, se non per il fatto che deridono degli ebrei. Una barzelletta sull'ebreo tirchio, farebbe ridere anche se il tirchio fosse genovese, scozzese o portoghese, cosi' come una barzelletta su Mussolini funziona anche sostituendolo con Stalin o Berlusconi, se ad essere deriso e' il medesimo difetto. Cio' che strappa la risata, in una barzelletta, e' il modo in cui e' costruita e, ovviamente, il modo in cui viene raccontata. In genere, se e' buona, induce l'ascoltatore ad avere delle aspettative che poi nel finale vengono disattese a sorpresa, senza dare a chi ascolta il tempo di intuire l'esito della storia. Nelle barzellette si colpiscono difetti, atteggiamenti, credenze e comportamenti propri dell'essere umano e comuni a piu' culture. La barzelletta presume l'esistenza di categorie definite: buono-cattivo, bello-brutto, stupido-intelligente, eroico-vile e cosi' via ed allo stesso tempo esprime un giudizio.  Quindi le barzellette ebraiche, anche se parlano di ebrei, sinagoghe, yddish mamas e rabbini, non sono un vero e proprio esempio di umorismo ebraico, che e' un altro tipo di derisione, piu' raro e sofisticato. Luigi Pirandello definisce l'umorismo non un genere di comicita', ma uno stato d'animo, un modo di essere, di sentire e di guardare alle cose, un atteggiamento. Lo dice la parola stessa: e' un umore , che impedisce di avere categorie rigide e quindi impedisce di giudicare. Ovviamente gli Ebrei non sono i soli umoristi, ma certamente chi meglio di loro si e' allenato nella "sospensione del giudizio"? L'umorismo, sempre secondo Pirandello, e' inoltre il "sentimento del contrario" che e' la capacita' di ribaltare ogni cosa nel suo opposto: di vedere il bello nella bruttezza, la bonta' nella cattiveria, la stupidita' nell'intelligenza o la vilta' nell'eroismo. L'umorista non ride del carabiniere, ma vede il carabiniere che e' in lui. L'umorista non ride di qualcuno, ma ride con qualcuno della miseria della condizione umana. A differenza della comicita', l'umorismo non cerca di risolvere il paradosso: ci resta dentro ed accetta di non poterlo risolvere. Anzi, deride proprio quelle certezze dell'essere umano, quelle categorizzazioni rigide che inevitabilmente conducono al giudizio. Deride la derisione stessa. 

Oh, intelligentona, va che cosi' non fai ridere nessuno...sembri proprio il rabbino della barzelletta

Ohmammasantissima...e tu da dove sei uscita? Non vi avevo chiusi a chiave?

Si' si'...poi parliamo anche di questo. Adesso scansati che vado avanti io.
Allora: Un rabbino muore e si presenta alle soglie del Paradiso. Ad accoglierlo c'e' un angelo, che prima di lasciarlo entrare si ritira a confabulare con Dio per verificare se il rabbino abbia o meno il diritto di accedere al Regno dei Cieli. Il rabbino si siede in un angolo e pazientemente attende che la decisione gli venga comunicata. Dopo parecchio tempo, arriva un conducente di autobus. L'angelo interrompe la consultazione con Dio, va ad accogliere il nuovo venuto e lo lascia passare immediatamente. A questo punto il rabbino si risente: "Ma come" dice all'angelo" io sono un rabbino e sto attendendo da ore di entrare in Paradiso e un semplice conducente di autobus e' immediatamente ammesso?" "Vedi" gli spiega con dolcezza l'angelo "quando tu pronunciavi i tuoi sermoni in sinagoga, i tuoi fedeli faticavano a rimanere svegli, ma quando lui guidava il suo autobus per le vie di Tel Aviv, i suoi passeggeri si aggrappavano ai sedili e pregavano Dio con grande fervore!"

Ecco, tu sei come il rabbino. Mi raccomando, adesso che te li ho scaldati, non farmeli raffreddare di nuovo!

Ma guarda tu che...Ecco, questo e' un esempio di barzelletta. Quello che io intendo per umorismo ebraico e' questo:
"Non e' stato forse un errore da parte di Dio, collocare gli ebrei in Russia perche' patissero come all'inferno? Che male ci sarebbe stato a farli vivere in Svizzera, con quei laghi di gran classe, aria di montagna e tutti quei francesi? Chiunque puo' sbagliare, anche Dio."
La comicita' suscita il riso, l'umorismo fa ridere tra le lacrime. Anzi, "quando non ci sono piu' lacrime, non rimane che ridere" ....
....In corsivo barzellette e in grassetto umorismo...

"Domani mi operano"
"Oh, e cosa ti fanno?"
"Mi circoncidono"
"A me l'hanno fatto quando ero appena nato"
"E fa male?"
"Non ho potuto camminare per un anno!"

"Ci saranno sempre degli Esquimesi pronti a dettare le norme su come devono comportarsi gli abitanti del Congo durante la calura"

Nel Giardino dell'Eden, Adamo prese l'abitudine di vagare per i campi fino a tarda notte. Dopo qualche tempo, Eva divenne sospettosa e decise di affrontare l'argomento: "Dove te ne vai tutte le notti fino a quest'ora? Non e' che ti vedi con un'altra donna?"
"Che assurdita'" rispose Adamo " lo sai di essere l'unica donna per me...anzi, sei l'unica donna sulla faccia della Terra!!"
 Eva non si mostro' convinta ed ando' avanti a lamentarsi a lungo, cosi' a lungo che alla fine Adamo crollo' addormentato solo per risvegliarsi poco dopo con la sensazione che qualcuno gli accarezzasse il petto. 
Era Eva.
"Che cosa hai in mente di fare?" le chiese Adamo 
"Contarti le costole!"

"Taluni non abbandonano mai il timone: puo' sempre servire su un'altra barca"

Una catastrofica inondazione e' stata prevista da tutti i servizi meteo del Mondo. Non c'e' nulla che si possa fare: entro tre giorni le acque spazzeranno via la Terra!
Il Dalai Lama va in televisione ed esorta tutti ad abbracciare la filosofia buddista: in questo modo potranno raggiungere l'Illuminazione.
Il Papa appare in televisione ed esorta tutti a convertirsi ed a pentirsi dei loro peccati: in questo modo avranno salva l'anima.
Il Rabbino capo di Israele va anche lui in televisione, ma decide per un diverso approccio:
"Ok gente, abbiamo tre giorni di tempo per imparare a vivere sott'acqua!"

"La causa principale di divorzio, resta il matrimonio"

Quattro novizie stanno per prendere i voti. Con i loro lunghi abiti bianchi e i volti coperti da un velo, procedono lungo la navata accompagnate dalla madre superiora e tra poco iniziera' il rito che le consacrera' "Spose di Gesu' ". Poco prima che la cerimonia abbia inizio, entrano in chiesa tre ebrei chassidici, con tanto di kippah, tallis e basettoni, e vanno a sedersi proprio in prima fila. La madre superiora si avvicina e dice ad uno di loro: "Sono veramente felice ed onorata che vogliate partecipare alla cerimonia! Ma vi dispiacerebbe dirmi cosa vi ha spinti a venire?"
"Siamo parenti dello sposo"


E potrei continuare cosi' per giorni e giorni....e poi comincerei con Woody Allen!

Invece vi lascio con la ricetta dell'ultimo pane dolce del Sabato, fatto per l'MTC di ottobre. Anche questo fuori concorso, perche' l'impasto e' questo, con troppa farina, e non questo, quello proprosto da Eleonora per la sfida, ma il ripieno e' uno di quelli che ho preferito: dolce, profumato e fresco, grazie allo zenzero e agli agrumi. La pasta di mandorle e' molto diffusa qui in Olanda, viene utilizzata spesso per farcire dolci e biscotti. Costituisce il ripieno del Kerststol, il dolce tipico del Natale olandese, e anche i gevulde speculaas, i biscotti sandwich tipici della festivita' di Sinterklaas: e' una sorta di marzapane, ma piu' grossolana essendo fatta con lo zucchero semolato, invece che con lo zucchero a velo.
 I semi di anice e cardamomo ci stavano d'incanto. Purtroppo non posso farvi sentire il profumo che ha invaso la mia casa mentre cuoceva....

Pane dolce del Sabato
con ripieno di 
pasta di mandorle, zenzero e agrumi
e semi di
anice e cardamomo



Ingredienti per due pani

                                                                     500 g di farina 
20 g di lievito di birra fresco*
2 uova medie di circa 60/62 g pesate col guscio
100 g di zucchero
10 g di sale
125 ml di acqua
125 ml di olio extravergine d'oliva

per il ripieno:
250 g di pasta di mandorle
1 cucchiaino di zenzero fresco grattugiato
2 cucchiai di succo di arancia
la scorza di un'arancia e di un limone grattugiate

1 tuorlo e 1 cucchiaio d'acqua
semi di anice e di cardamomo verde

Per preparare il ripieno, sbriciolare la pasta di mandorle in una ciotola, bagnarla con il succo d'arancia e lavorarla con una forchetta; unire lo zenzero e le scorze di agrumi e lavorarla ancora finche' tutti gli ingredienti siano ben amalgamati.

Prima di tutto e importantissimo, setacciare la farina.
Sciogliere il lievito nell'acqua tiepida insieme a un cucchiaino di zucchero e far riposare una decina di minuti fino a far formare una schiuma. Mischiare la farina, il sale e lo zucchero e versarci il lievito e cominciare ad impastare, versare poi l'olio e per ultimo le uova, uno ad uno, fino alla loro incorporazione. Lavorare fino a che l'impasto si stacchi perfettamente dalla ciotola, lasciandola pulita.
Lasciar lievitare per almeno due ore, dopodichè, sgonfiare l'impasto e tagliarlo in due parti uguali. Tagliare poi ognuna delle parti in tre.
Stendere su un piano infarinato ognuna delle parti lunghe circa 35 centimetri e larghe 15. Ricavare dalla pasta di mandorle tre cordoni, disporli nel centro dei rettangoli ed arrotolarli poi sulla lunghezza, in modo da ottenere tre lunghi "salsicciotti" richiudendoli bene pre sigillare il ripieno.

Unirli da un capo e cominciare ad intrecciare.
Ripetere l'operazione per la seconda treccia. 
Adagiare le trecce su una placca da forno unta di olio. Lasciare lievitare ancora due ore. 
Sbattere il tuorlo d'uovo con un cucchiaio di acqua e spennellarlo sulla superficie; spolverare di semi di  anice e cardamomo verde.
Infornare in forno già caldo e STATICO a 200°C per circa 15-20 minuti.





Con questa ricetta NON partecipo all'MT Challenge di ottobre













lunedì 22 ottobre 2012

Crema di lenticchie, castagne e cacao e pane al rosmarino con farina di ceci



Basta dare una sbirciatina al mio armadio o anche semplicemente alla mia casa. Salta subito all'occhio che il marrone e' uno dei miei colori preferiti. Declinato in tutte le sfumature possibili. Chissa', forse dipende dal fatto che e' "il mio colore": occhi marroni, capelli castano scuro. Come dire? Il marrone e' parte di me. Aggiungeteci il fatto che sono nata in Ottobre e che forse proprio per questo l'Autunno e' la mia stagione, quella che mi piace di piu'. Anche perche' si porta via l'estate che, meteorologicamente parlando, e' quella che mi piace di meno, dato che sopra i 23° arranco e boccheggio al limite dello sfinimento totale. Mi piace tutto di questa stagione: i colori e i profumi della natura, la luce dorata prima del tramonto, il cielo grigio, ma anche il cielo azzurro, che e' di un azzurro diverso da quello delle altre stagioni. Mi piacciono gli stormi di uccelli migratori e gli scoiattoli resi piu' audaci dalla necessita' di procurarsi le scorte per l'inverno. Mi piace tirare fuori i maglioni e i morbidi plaid, mettere la coperta di lana nel letto. Mi piacciono, soprattutto, gli odori, i profumi che escono dalla mia cucina. Perche' l'Autunno porta con se' anche alcuni dei miei frutti preferiti e perche' torna la voglia di cucinare piatti che richiedono lente cotture prolungate. Torna la voglia di accendere il forno e sfornare pani profumati, torte ricche di sapori, biscotti speziati. Tornano le zuppe, le creme, i passati!! Cosi' ho messo tutto insieme: il marrone, l'Autunno, le zuppe di verdura, un pane profumato, appena uscito dal forno e leggermente grigliato sulla bistecchiera...e le sfumature...che quest'anno sembrano andare cosi' di moda....Pero' le mie non sono 50, son solo tre: un marrone lenticchia, un marrone castagna e un marrone cacao. Dosate con attenzione, insieme stanno proprio bene. Qui in Olanda le castagne ancora non si trovano: arriveranno piu' avanti, ma non le compro mai, perche' non hanno un bell'aspetto, con quella buccia opaca e polverosa...Io ho utilizzato la farina di castagne, ma voi provate con il frutto fresco, secondo me ci stanno una meraviglia: basta sbucciarle al vivo e farle cuocere nel latte, con un po' di rosmarino e un pizzico di sale, poi frullarle e passare la crema, che dovra' essere piuttosto liquida, da un colino. 



Crema di lenticchie, castagne e cacao
con pane al rosmarino
con farina di ceci


Ingredienti per il pane:
200 g di farina di ceci
300 g di farina 0
1 bustina di lievito secco istantaneo
320 ml di acqua tiepida
2 cucchiaini di zucchero
1 cucchiaino di sale
2 cucchiai di olio extra vergine d'oliva
2 rametti di rosmarino

Versare l'acqua in un pentolino e portarla a bollore leggero. Togliere dal fuoco, unire uno dei rametti di rosmarino, coprire e lasciare in infusione per 5 minuti. Togliere il rosmarino, coprire di nuovo ed attendere che l'infuso si intiepidisca. Staccare le foglie all'altro rametto di rosmarino e tritarle finemente a coltello.
Unire in una ciotola capiente le farine, il lievito, il rosmarino tritato, lo zucchero e il sale, mescolando bene con una frusta per amalgamare gli ingredienti. Creare un buco al centro delle farine, versarci l'infuso e iniziare ad impastare con una forchetta. Versare anche l'olio, continuando a mescolare con la forchetta. Quando l'impasto diventera' troppo duro, impastate con le mani, dapprima nella ciotola e poi su di un piano leggermente infarinato. Impastate energicamente per una decina di minuti, poi raccogliete l'impasto a palla, rimettetelo nella ciotola, coprite con un telo pulitissimo leggermente inumidito e mettere a lievitare per un paio d'ora in luogo tiepido.
Rimettete l'impasto sulla spianatoia infarinata, sgonfiatelo e rilavoratelo brevemente. Stendetelo in una forma ovale e poi ripiegatelo in tre, a libro, per il senso della lungheza. Premete leggermente con le dita sul punto di giunzione, trasferite il filoncino su una placca coperta con carta da forno e rimettete a lievitare per almeno un'ora nel forno spento con la luce accesa. 
Fate scaldare il forno a 220° e lasciatelo in temperatura almeno 10 minuti prima di infornare il pane. Mettete il pane in forno, cuocendolo a 220à per i primi 10 minuti, abbassando la temperatura a 180° e proseguendo la cottura per altri 25/30 minuti.
Sfornate il pane e lasciatelo intiepidire, poi tagliatelo a fette di circa un dito di spessore e grigliatele da ambo i lati su una bistecchiera ben calda.




Ingredienti per la crema di lenticchie per 2 porzioni

300 g li lenticchie secche
1 cipolla
1 carota
1 gambo di sedano
1 foglia di alloro
2 cucchiai di passata di pomodoro
sale e pepe
2 cucchiai di olio extravergine di oliva

per le creme di castagne e cacao
2 cucchiai di farina di castagne
150 ml di latte
1 cucchiaino di miele
1 cucchiaino di cacao amaro in polvere
sale
qualche foglia di rosmarino


Mettere a bagno le lenticchie in acqua fredda per un paio d'ore, cambiando l'acqua dopo un'ora.
Scolarle e metterle in una casseruola insieme alla cipolla a fette spesse, la carota e il sedano a dadini e l'alloro.  Coprire d'acqua fredda e portare a bollor;, aggiungere anche i due cucchiai di passata di pomodoro, salare poco, coprire e lasciar cuocere a fiamma dolce per circa 40 minuti o finche' tutte le verdure saranno tenere e ben cotte. Eliminare la foglia di alloro, aggiungere l'olio EVO e frullare per ottenere una crema fine e omogenea. Aggiustare di sale e pepare. Se desiderate una consistenza piu' liscia e vellutata, passate la crema da un colino.
Tenete in caldo la crema di lenticchie mentre preparate la crema di castagne e quella di cacao. Mettete il latte in un pentolino e portatelo a bollore, aggiungete il rosmarino, togliete dal fuoco e lasciate in infusione per cinque minuti. Versate il latte caldo sulla farina di castagne stemperandola per bene con l'aiuto di una piccola frusta. Rimettete al fuoco il composto e fate cuocere per un paio di minuti, a fiamma dolce e mescolando continuamente, finche' la crema si sara addensata. Toglietene circa un terzo che metterete in una ciotolina insieme al cacao, mescolando con cura per scioglier eventuali grumi. Filtrate tutte e due le creme e poi , al momento di andare in tavola, versatele a filo da un cucchiaio sulla superficie della crema di lenticchie ben calda. 
Servite con le fette di pane grigliate.

Qui in Olanda le castagne ancora non si trovano: arriveranno piu' avanti, ma non le compro mai, perche' non hanno un bell'aspetto, con quella buccia opaca e polverosa...Io ho utilizzato la farina di castagne, ma voi provate con il frutto fresco, secondo me ci stanno una meraviglia: basta sbucciarle al vivo e farle cuocere nel latte, con un po' di rosmarino e un pizzico di sale, poi frullarle e passare la crema ottenuta, che dovra' essere piuttosto liquida, da un colino. 



Questa ricetta partecipa al contest di ESSENZA IN CUCINA  e My Taste for Food




venerdì 19 ottobre 2012

IL PANE DOLCE DEL SABATO PER L'MTC



23 febbraio 1944
Guardavamo tutti e due il cielo azzurro, il castagno spoglio con le goccioline brillanti sui rami, i gabbiani e gli altri uccelli che volando radenti sembravano d’argento: tutto questo ci commuoveva e ci toccava profondamente, tanto che non potevamo più parlare.  

18 aprile 1944
 Aprile è proprio un mese splendido, non troppo caldo e non troppo freddo, con pioggia ogni tanto. Il nostro castagno è già verde e qua e là si vede perfino qualche candelina.

13 maggio 1944
Il nostro castagno è in piena fioritura dai rami più bassi alla cima, è carico di foglie e molto più bello dell’anno scorso.  



Cara Kitty,
posso chiamarti anch'io cosi'? Certo che si'. E' il tuo nome, dopotutto. Tu non mi conosci, o forse si', ma io so tutto di te. Abbiamo una piccola amica in comune. L'ho conosciuta molti anni fa, quando io stessa ero ancora una bambina, perfino piu' piccola di lei. Non avrei nemmeno dovuto incontrarla, ancora. Avrei dovuto aspettare di avere l'eta' giusta per leggere il suo libro, ma anch'io, come lei, avevo una sorella piu' grande, che andava gia' alle medie, e alle ragazze delle medie quel libro lo facevano leggere come compito. Ne avevo gia' sentito parlare. Mi incuriosiva e mi spaventava anche un po'. Lo lessi e dopo quella prima volta l'ho letto ancora e ancora e ancora.
Visitai Amsterdam per la prima volta nel giugno del 2003, quindi molti anni dopo il mio primo incontro con lei e con te.  Quando visito una nuova citta', non amo seguire la cartina: mi piace percorrere le sue strade come se non avessi una meta, respirarne l'atmosfera, osservare le persone, i luoghi, gli edifici. Adoro perdermi, in una nuova e bella citta', e poi magari fermare un passante o un poliziotto per chiedere indicazioni. Cosi' quando me la sono trovata davanti, sono rimasta piacevolmente sorpresa, perche' non l'avevo cercata: e' stato come se qualcosa o qualcuno avesse guidato i miei passi fin li', come se fosse stata la casa stessa a chiamarmi. Si', la casa. Quella in cui ha vissuto per piu' di due anni, rinchiusa, reclusa, nascosta. Ora e' un museo. Quel giorno non sono entrata, perche' la fila di persone in attesa era davvero molto lunga. Sono rimasta li', sulla riva del canale, ad osservare la casa e a pensare a lei, a cercare di ricordare qualcosa di quello che lei aveva scritto, a guardarmi intorno sperando di riconoscere un particolare descritto nel libro. No, da qui non posso vedere nulla: il loro nascondiglio era sul retro dell'edificio, quel poco che potevano vedere si trova li'...Lei diceva di vedere....un albero! Si' si', era un albero...un ciliegio...no, non era un ciliegio...un castagno, anzi, forse un ippocastano come questi, che son qui lungo il canale....ma questi non avrebbe potuto vederli e comunque sembrano troppo giovani....Eccolo!! E' li! Dove?...ma li' li'...guarda! Spunta dai tetti delle case...E' enorme, deve essere molto vecchio...E' lui, ne sono sicura: e' lo stesso albero che vedeva dalla finestrella della soffitta. E' ancora li'...lui c'e' ancora....Che emozione, cara Kitty! Qualunque cosa me la faccia ricordare e mi faccia ricordare che e' esistita, che ha vissuto,  che ha camminato, parlato, riso, pianto, cantato, ballato, sognato, amato in questo mondo, e' un'emozione. Ricordare lei e' come ricordarli tutti: tutti quei bambini, un milione e mezzo di bambini che non sono mai cresciuti o che forse hanno dovuto crescere troppo in fretta.


23 agosto 2008

Cara Kitty,
con un nodo in gola, devo dirti che il vecchio ippocastano non c'e' piu'.  Oggi, nel primo pomeriggio, a causa di una forte tempesta di vento e pioggia, e' crollato sotto il suo stesso perso, trascinandosi dietro anche la struttura in metallo che era stata costruita proprio per evitare che una cosa del genere potesse accadere. Il caro, grande albero, aveva piu' di 170 anni! Gia' dal 2003 gli era stata diagnosticata una malattia e il comune di Amsterdam aveva ventilato l'intenzione di abbatterlo. I cittadini del quartiere dove si trovano la casa e l'albero hanno protestato vivamente e il comune ha desistito dal suo proposito. Pensa Kitty,  e' nata perfino una fondazione, con iscritti  e sostenitori in tutto il Mondo. Hanno raccolto fondi, richiesto perizie e analisi, preso provvedimenti. Si pensava che la struttura costruitagli intorno, avrebbe permesso al vecchio albero di continuare a vivere per almeno altri 15 anni. Cosi' non e' stato. Le abbondanti piogge hanno inzuppato i rami e le foglie caricandoli di un peso eccessivo per il vecchio tronco malandato. Le forti raffiche hanno fatto il resto. Oggi, intorno alle 14, l'albero si e' troncato quasi di netto, a circa un metro dal terreno e de e' crollato a terra, insieme alla struttura di sostegno. Fortunatamente non ci sono state vittime, solo lievi danni a un paio di muri di cinta e a un gazebo. Pero' l'albero non c'e' piu'. Il suo albero. Dovranno lavorare per giorni, farlo a pezzi e sollevarlo con le gru, per liberare il piccolo cortile dalla sua ingombrante ed ormai inutile presenza. E' una cosa che fa male al cuore....


4 dicembre 2009

Cara Kitty,
ho una bella notizia da darti. Oggi l'Amsterdamse Bos, ha ricevuto 150 piantine di ippocastano. Si', carissima Kitty: proprio il vecchio grande albero tanto caro alla nostra comune amica! Ti ricordi che ti avevo parlato di quella Fondazione nata con lo scopo di prendersi cura dell'albero e di preservarlo? Bene, quando nel 2003 hanno scoperto che l'albero era gravemente malato e si temeva di doverlo abbattere, la Fondazione si e' occupata di raccogliere i suoi semi, le sue castagne indiane, e di farle germogliare in un vivaio specializzato. Ora centinaia di queste piantine verranno mandate in tutto il Mondo, ovunque esista una scuola o un centro intitolato alla nostra amica. Proprio oggi 150 figli del vecchio ippocastano sono stati trapiantati nel grande parco cittadino di Amsterdam. 
Non e' bella questa cosa, cara Kitty? Il vecchio albero che non c'e' piu', ma che ancora ispira speranza e nuova vita....E speriamo che nei secoli a venire, ci siano sempre nuovi alberi che possano ricordare a chi passeggia sotto i loro rami la nostra piccola amica e insieme a lei tutti quelli che hanno subito il suo stesso destino.  Speriamo che chi cerchera' un po' di fresco all'ombra dei grandi, verdi ippocastani, chi in primavera ne ammirera' i grossi grappoli di fiori candidi, chi sotto le loro fronde si riparera' da un acquazzone improvviso pensi: " Ma guarda, e' un Anne Frankboom: e' uno degli alberi di Anna Frank!"




Pane dolce del Sabato
dedicato ad
 Anna Frank


500 g di farina 
20 g di lievito di birra fresco*
2 uova medie di circa 60/62 g pesate col guscio
100 g di zucchero
10 g di sale
125 ml di acqua
125 ml di olio extravergine d'oliva



per il ripieno:
confettura di frutta secca
 al te Earl Grey

per decorare:
1 tuorlo d'uovo sbattuto con 
1 cucchiaio di acqua
semi di fico



Prima di tutto e importantissimo, setacciare la farina.
Sciogliere il lievito nell'acqua tiepida insieme a un cucchiaino di zucchero e far riposare una decina di minuti fino a far formare una schiuma. Mischiare la farina, il sale e lo zucchero e versarci il lievito e cominciare ad impastare, versare poi l'olio e per ultimo le uova, uno ad uno, fino alla loro incorporazione. Lavorare fino a che l'impasto si stacchi perfettamente dalla ciotola, lasciandola pulita.
Lasciar lievitare per almeno due ore, dopodichè, sgonfiare l'impasto e tagliarlo in due parti uguali. Tagliare poi ognuna delle parti in tre.
Stendere su un piano infarinato ognuna delle parti lunghe circa 35 centimetri e larghe 15. Spargere l'uva passa** sulle tre parti.Arrotolarle poi sulla lunghezza, in modo da ottenere tre lunghi "salsicciotti"



Unirli da un capo e cominciare ad intrecciare.
Ripetere l'operazione per la seconda treccia. 
Adagiare le trecce su una placca da forno unta di olio. Lasciare lievitare ancora due ore. 
Sbattere il tuorlo d'uovo con un cucchiaio di acqua e spennellarlo sulla superficie; spolverare di semi di sesamo o papavero.***
Infornare in forno già caldo e STATICO a 200°C per circa 15-20 minuti.****

le mie variazioni:
*in Olanda non trovo il lievito di birra fresco e quindi ho usato una bustina di quello liofilizzato, mettendola comunque a bagno nell'acqua tiepida finche' ha formato la schiuma.

**Ho usato la mia confettura di frutta secca per farcire la treccia, distribuendone 2/3 cucchiaini in ogni rettangolo di pasta. 

***Ho cosparso la superficie del pane con semi di fico, ricavati da una marmellata fatta qualche settimana fa, sciacquati piu' volte sotto l'acqua corrente e fatti poi asciugare in forno ventilato a 50° per un paio d'ore.

****Il mio forno a 200° brucia la superficie e lascia crudo l'interno, quindi ho infornato a 200° solo per i primi 5 minuti, abbassando poi la temperatura a 180° e proseguendo la cottura per altri 20 minuti.
  
Confettura di frutta secca
con spezie 
e
te Earl Grey

per tre vasi da 375 g

300 g di fichi secchi
150 g di albicocche secche
80 g di datteri snocciolati
50g di uva di Corinto
50 g di gherigli di noce
400 g di zucchero di canna
60 cl di te Earl Grey forte
noce moscata, cannella, chiodi di garofano in polvere a piacere
1 arancia non trattata
1 limone

Primo giorno

Tagliate a pezzettini tutta la frutta, tritate grossolanamente le noci, grattugiate la buccia dell'arancia e spremetela, l'arancia, non la buccia...spremete anche il limone. Versate tutti gli ingredienti in una capace ciotola, bagnate con i succhi degli agrumi e il te, mescolate bene con un cucchiaio di legno, coprite con della pellicola e mettete in frigorifero per tutta la notte o fino a 24 ore.

Secondo giorno

Versate il contenuto della ciotola in una casseruola e portate ad ebollizione. Abbassate la fiamma al minimo e proseguite la cottura per 20 minuti. Deve appena sobollire. Dopo venti minuti, schiacciate la frutta con una forchetta e proseguite la cottura per altri 10 minuti, sempre a fiamma bassa e mescolando spesso. 
Togliete dal fuoco e versate nei vasetti puliti e sterilizzati. Chiudete i vasetti con i loro coperchi e capovolgeteli, lasciandoli capovolti finche' non saranno freddi.



Con la ricetta del Pane dolce di Anna Frank partecipo, spero in concorso, questa volta, all'MT Challenge di Ottobre organizzato da Alessandra, Daniela e Giorgia di Menu Turistico


in collaborazione con Eleonora del blog Burro e Miele

giovedì 18 ottobre 2012

zucca vuota e testa di rapa: li fa e poi li accoppia


Noi viviamo a Den Haag, quella che in Italia chiamiamo L'Aja, capitale amministrativa dei Paesi Bassi, sede del Parlamento e di tutti i ministeri e residenza principale della famiglia reale. Non solo, a L'Aja si trovano anche tutte le ambasciate dei Paesi accreditati, le sedi di molte organizzazioni non governative, come l'ONU e il Tribunale Penale Internazionale, e anche molti quartier generali di societa' multinazionali e compagnie petrolifere. Questo, unitamente al fatto che l'Olanda aveva possedimenti e colonie un po' in tutto il Mondo, fa si' che la popolazione residente di questa citta', sia composta per il 40% da non Olandesi, provenienti da tutti i continenti. Poco dopo essermi stabilita qui, ho pensato di approfittare della cosa e di conoscere altri expats , figologismo che sta per immigrati, con cui scambiare informazioni sulle nostre culture di origine e sulla nostra esperienza in questo Paese. Cosi' mi sono iscritta a vari forum on line, per avere un primo contatto. Risultato dell'operazione: meglio sola che male accompagnata! Mamma mia...questi non fanno altro che lamentarsi dell'Olanda e degli Olandesi. Non c'e' nulla che piaccia loro, criticano tutto: dal clima, al cibo, alle abitudini-usi-costumi locali. Non si salva nemmeno la bellissima tradizione della festa di Sinterklaas, il Babbo Natale olandese: e gli Olandesi sono razzisti, perche' Sinterklaas ha un aiutante con la faccia nera; e gli Olandesi sono tirchi, perche' si costruiscono le scatole che contengono i regali, le cosiddette Surprise....e chi piu' ne ha piu' ne metta! Ho sentito una Finlandese lamentarsi perche' in Olanda non si trova della feta decente (!!!!!!) o perche' il detersivo dei piatti fa troppa schiuma e si fa fatica a sciacquarlo. A sentir loro per andare in giro a piedi devi essere un acrobata del circo o un personaggio di Matrix, visto che devi schivare contemporaneamente biciclette, tram, cacche di cane e gente che sputa per terra. Non parliamo poi quando si arriva a descrivere l'Olandese in se': tirchio, maleducato e arrogante sono gli aggettivi piu' frequenti...per non dire gli unici...E il paesaggio? Piatto! E il cielo? Dai, il cielo d'Olanda!! Immortalato in quei meravigliosi  dipinti dai grandi maestri fiamminghi....Grigio!! E si va avanti cosi', passando con lo schiacciasassi su politica, sanita', assistenza sociale, assicurazione sanitaria, istruzione, polizia, commercio, industria, artigianato, edilizia, colleghi di lavoro, vicini di casa, supermercati, ristoranti, strade, chiese, giardini pubblici....eeeeeeeelamadonnaincoronata!! Ma se proprio ti ci trovi cosi' male qui, se davvero dove vivevi prima stavi tanto meglio, se provieni dal Paradiso Terrestre...perche' non ci ritorni? Chi te l'ha fatto fare di venire qui? E perche' ci resti?....eeeeee...vabbbeeee'.....qui si guadagna di piu'....Ah! E ti pare poco? Quindi non solo sputi nel piatto in cui mangi, ma il piatto in questione e' pure piu' pieno di quello che ti trovavi davanti al paesello tuo? Il vero, grosso, irrisolvibile problema e' che la madre dei cretini e' sempre incinta. E in tutto il Mondo, per giunta....
Anch'io mi lamento, certo: mi lamento perche' trovo raramente i finocchi e i carciofi, mai il radicchio rosso e la catalogna e per comprare un pezzo di grana di dubbia provenienza, dovrei fare un mutuo...ma e' un lamentarsi cosi', per gioco, dettato dalla nostalgia. Mica ne faccio una colpa all'Olanda o agli Olandesi. In compenso ho scoperto tutta una serie di alimenti che non conoscevo o che in Italia snobbavo, date le molte alternative. Le rape, ad esempio! La rutabaga in particolare, che qui si chiama Koolraap. Nome scientifico Brassica Napobrassica o Brassica Napus, che gia' me la rende simpatica. E' piuttosto grossa, intorno ai 400g di media, ha una buccia bellissima che sfuma dal fuchsia al bianco burro. La polpa e' di un bel color giallo arancio chiaro, che diventa piu' intenso con la bollitura e invece schiarisce con la cottura al forno. Ha un sapore che e' un incrocio tra cavolo e rapa, quindi un perfetto equilibrio tra dolce e amarognolo piccantino e una consistenza soda e corposa, che la rende adatta anche per  creme e puree. La uso spesso nelle zuppe, unendola semplicemente al resto degli ingredienti, ma questa volta ho voluto provare a variare un po' e l'ho cotta la forno, insieme a una barbabietola, ed ho poi aggiunto entrambe ad una meravigliosa zuppa di zucca Hokkaido, altro ortaggio scoperto qui in Olanda e davvero notevole: polpa soda, asciutta, farinosa e saporitissima. Assomiglia ad una patata dolce, tanto e' consistente, ed e' sicuramente la zucca con la piu' alta resa in polpa, una volta cotta, il che la rende perfetta anche per i dolci o per gli gnocchi. Ho sentito che si puo' mangiarne perfino la buccia, ma io ancora non mi sono fidata. Comunque queste zucche sono pratiche anche perche' sono di dimensioni piuttosto contenute e quindi si possono acquistare intere e si mantengono a lungo. Io di solito, al momento di utilizzarle, le taglio in grossi spicchi che poi metto in una teglia coperta con un foglio di alluminio. Metto la teglia nel forno freddo, lo accendo portandolo a 180°, lo lascio in temperatura per una quindicina di minuti, poi lo spengo, lasciando dentro la teglia con la zucca finche' non si raffredda abbastanza da poterla maneggiare senza scottarmi. A questo punto la buccia la si puo' eliminare con un pelapatate ed avrete una bella quantita' di polpa asciutta e profumata. Ah, ovviamente vanno eliminati anche semi e filamenti. Un' ultima cosa: consiglio a chi non ama la barbabietola, ma ha la fortuna di poterla acquistare ancora cruda, di cuocerla al forno e darle una chance; il sapore varia molto rispetto a quelle cotte al vapore o bollite che si trovano in commercio: la cottura in forno caramellizza gli zuccheri accentuando la nota amarognola e riduce molto i liquidi, conferendo una consistenza piu' morbida e asciutta.

Crema di zucca
con rutabaga, barbabietola
e salvia croccante



Ingredienti per due:
300 g di zucca pulita e a pezzi non troppo piccoli
1 cipolla
1 carota
2 gambi di sedano
2 cucchiai di passata di pomodoro, meglio se fatta in casa
2 cucchiai d'olio extra vergine d'oliva
1 foglia di alloro
sale, pepe, noce moscata grattugiata al momento
2 fette biscottate o pane grattugiato
1 cucchiai di mandorle pelate e leggermente tostate
1 noce di burro
1 barbabietola
150 g di rutabaga 
6 foglie di salvia
2 cucchiai d'olio per friggere

Mettete la zucca e tutte le verdure tagliate a dadini in una casseruola. Copritele con un dito d'acqua, salate con poco sale grosso, aggiungete la foglia di alloro, mettete il coperchio e portate ad ebollizione. Abbassate la fiamma al minimo e proseguite la cottura per 30 o 40 minuti, finche' tutte le verdure saranno cotte e tenere. Nel frattempo, pelate la barbabietola e la rutabaga e tagliatele a spicchi o a pezzi non troppo piccoli, conditele, separatamente, con un filo d'olio, salate, pepate, mescolate bene e poi disponetele in un solo strato e ben distanziate in una pirofila: Mettete in forno gia' caldo a 180° per circa mezz'ora, rigirandole un paio di volte ad una ad una con una forchetta. Tritate le mandorle nel mixer insieme alle fette biscottate e ad un pizzico di sale. Fate sciogliere il burro in un padellino antiaderente, uniteci il trito di pane e mandorle e fatelo dorare mescolando spesso. Cospargetelo di noce moscata grattugiata a piacere, toglietelo dal padellino e mettete da parte. Pulite il padellino con un pezzo di carta da cucina, versateci l'olio per friggere e quando sara' ben caldo unite le fogli di salvia, assicurandovi che siano ben asciutte. Lasciatele friggere per un minuto o due e quando saranno belle croccanti, trasferitele su della carta assorbente. Quando le verdure della zuppa saranno cotte, eliminate la foglia di alloro, unite i due cucchiai d'olio extravergine e passate tutto al minipimer o al passaverdure con il disco a fori piccoli oppure frullate tutto nel frullatore. Deve risultarne una crema piuttosto densa, se fosse ancora liquida, riportate al fuoco e fate sobbollire dolcemente per alcuni minuti mescolando spesso. Al momento di servire aggiustate di sale e pepe, versate la zuppa nei piatti, cospargete ogni piatto con parte del trito alle mandorle e decorate con la barbabietola, la rutabaga tagliata a cubetti piccoli e le foglie di salvia. 

La rivincita dei senza sapore!!



martedì 16 ottobre 2012

NON CHIAMATELA CHALLAH! ovvero il mio fuoriconcorso per l'MTC

Rabbi Judah il Principe, organizzo' una festa di Shabbat in onore dell'imperatore Antonino Pio. Nonostante il cibo fosse servito freddo, era molto buono. Qualche tempo dopo fu la volta di Antonino Pio di ospitare Rabbi Judah. Furono serviti piatti caldi. Al termine della serata, Antonino disse: " Il pasto che servisti tu, era migliore" e Judah rispose: " A questi piatti, mancava una spezia particolare." L'imperatore, molto stupito, replico': " Come? Vuoi dire che alle mie ricchezze manca qualcosa? Dimmi qual'e' questa spezia e sara' acquistata!" e allora Judah disse: "Shabbat e' la spezia. Non puo' essere comprata."

Gli ebrei che osservano lo Shabbat, fanno il possibile per rendere questo giorno in tutto differente dagli altri giorni della settimana. Diverso nelle azioni, nelle parole, negli abiti, nel cibo. E' il giorno dedicato al Signore ed ha un doppio significato: e' legato alla creazione, perche' in sei giorni l'Eterno ha fatto i cieli e la terra, il mare e tutto cio' che vi si trova e si e' riposato il settimo; per questo l'Eterno ha benedetto il giorno di Sahbbat e lo ha santificato (Esodo 20:11); e ricorda l'uscita dall'Egitto: e ti ricorderai che sei stato schiavo nel paese d'Egitto e che l'Eterno tuo D-o ti ha fatto uscire con mano potente e braccio teso; per questo l'Eterno tuo D-o ti ha prescritto di osservare il giorno di Shabbat (Deuteronomio 5:15)
La pratica dello Shabbat prevede l'osservanza di alcune Mitzvot, Mitzvah al singolare, cioe'  precetti, comandamenti, che si suddividono in positive e negative: cio' che si deve fare e cio' che non si deve fare di Shabbat. 
Elencarle e spiegarle tutte sarebbe lungo e difficile per un ebreo, figuratevi per una goy , che poi sarei io.
Se siete interessati o anche solo incuriositi dall'argomento, in rete si trovano molte informazioni che possono essere utili per comprendere, almeno in parte, l'importanza che l'osservanza e la celebrazione dello Shabbat hanno per il popolo ebreo: non e' Israele che ha conservato lo Shabbat, ma lo Shabbat che ha preservato il popolo di Israele, scrive Ahad Haam nel 1898. 
Ovviamente non tutti gli ebrei osservano e celebrano lo Shabbat e anche tra gli osservanti esistono delle differenze, magari non nella sostanza, ma nella forma un po' si'. Differenze che possono essere dettate dall'appartenenza sia ad una determinata corrente dell'ebraismo, che ad un'etnia con tradizioni, storia e cultura proprie che si intrecciano  e si fondono con la religione ebraica.  La storia millenaria del popolo ebreo, costellata di persecuzioni, schiavitu', cattivita', deportazioni che si sono  ripetute nel corso dei secoli e la necessita' di sfuggirne le  conseguenze e di sopravvivere, ha portato alla cosiddetta Diaspora, cioe' alla dispersione dell'antico popolo biblico, discendente dalle 12 tribu' di Israele. Molte comunita' ebraiche si sono stabilite, in epoche successive, nei vari paesi del Medio Oriente, in Nord Africa, nell'Europa Orientale e Centrale e nella Penisola Iberica. In epoche piu' recenti, ci sono state migrazioni anche verso i "Nuovi Continenti". Personalmente ho conosciuto ebrei Italiani, Olandesi, Americani e Caraibici, ognuno con il suo bagaglio di cultura, usi e costumi. Eppure quando dicono " Sono Ebreo", si avverte in questa affermazione un grande, profondo senso di appartenenza, non solo religiosa, ma anche culturale, indipendentemente dal loro individuale grado di osservanza dei comandamenti, delle Mizvot, appunto, che non regolano solo la pratica e la celebrazione dello Shabbat, ovviamente, ma la vita di tutti i giorni. 
Basti pensare alla suddivisione dei vari alimenti, ma non solo, in: kasher, puri e quindi ammessi, consentiti; taref, impuri e quindi vietati, e parve, neutri. Queste distinzioni non si limitano alla natura del cibo, ma si estendono anche, ad esempio, ai sistemi di allevamento, macellazione, coltivazione, trasformazione e conservazione delle materie prime, agli utensili di cucina ed a tecniche e metodi di cottura. Anche in questo caso non mi sogno proprio, per mancanza di spazio, tempo e competenza, di scendere nel dettaglio: c'e' da perdersi, credetemi! Non voglio nemmeno correre il rischio di semplificare troppo, generalizzare o, ancor peggio, commettere errori grossolani che creerebbero solo confusione in chi legge, invece di fornire accurata informazione.
Quindi? Perche' tutto questo lungo preambolo? Dove voglio arrivare? Proprio qui, al fatto che quando si trattano certi argomenti, bisogna farlo con rispetto e con quel minimo di conoscenza della materia che ci permetta di evitare di prender fischi per fiaschi e ci consenta di chiamare le cose con il loro nome. Chiamare le cose con il loro vero nome, ecco il punto. Perche' la storia che una rosa, anche a chiamarla con un nome diverso, avrebbe sempre lo stesso profumo, va bene per i poeti: chiedete a un fioraio cosa ne pensa? Al poveretto verrebbe un esaurimento nervoso e sarebbe costretto a chiuder bottega! 
Penso soprattutto a noi Italiani, sempre pronti ad indignarci e a sentirci feriti nell'orgoglio quando vediamo i grandi piatti della nostra tradizione interpretati un po' troppo liberamente. Mi riferisco, ad esempio, a carbonare con la panna o a spaghetti con il ketchup, al pesto genovese fatto con qualunque erba ci sia in frigorifero in quel momento, alla mozzarella o al parmigiano fatti in Cina. Facciamo bene ad indignarci, per carita', facciamo bene a chieder rispetto. Allora perche', quando si tratta di altre cucine, altre culture, poi non mostriamo lo stesso rispetto che pretendiamo per noi? Dico questo perche', quando ho cominciato a cercare informazioni in rete per preparami a questo MTC, perche' sara' anche solo un gioco, ma un minimo di serieta' e' richiesto, sono incappata in un numero incredibile di ricette, sia italiane che estere, per la Challah, il tradizionale pane di Shabbat, e sono rimasta allibita dalla scarsa cura e dalla quantita' di errate informazioni che le accompagnavano. "Challah" fatte con burro e latte. "Challah" consigliata come accompagnamento di salumi, rigorosamente di suino, e formaggi. "Challah" con salumi, sempre di suino, e formaggi insieme nell'impasto....Tutte buonissime, non discuto, ma non chiamatele "Challah"! Gli ebrei non mangiano carne di maiale. Gli ebrei non mischiano nello stesso pasto carne e latticini e nemmeno cuociono carne e latte o latticini insieme. Shabbat e' giorno dedicato alla carne o al pesce, va da se' che la Challah non puo' contenere ne' latte ne' burro. 

Come molti piatti e preparazioni della cucina ebraica, la Challah ha un significato ben preciso, un valore simbolico: ricorda la manna che il Signore mando' nel deserto per sfamare il suo popolo in fuga dall'Egitto. Generalmente si cucinano due pani, due Challot, a ricordare il fatto che al venerdi' il Signore mandava doppia razione di manna, perche' il suo popolo avesse di che sfamarsi anche di Sabato, pur rispettando il divieto di compiere le azioni solite nel resto della settimana, quindi anche raccogliere la manna. Due erano anche i pani che venivano offerti al Tempio. Anche la sua forma a treccia e' simbolica, anche se in questo caso si trovano piu' spiegazioni: per alcuni rappresenta l'unita', l'intrecciarsi di tutte le diversita' che entrano a far parte della nostra vita, in una serena e pacifica armonia che solo Shabbat puo' creare, ma rappresenta anche il Patto di Alleanza stretto tra D-o e il popolo di Israele; altri confezionano due trecce a sei capi: sei per due dodici, come le dodici tribu' di Israele;  e ancora, la treccia a tre potrebbe rappresentare i tre comandamenti di Shabbat: Zachor, ricorda; Shamor, osserva e  "b'Dibbur Echad"   che significa che i due precedenti comandamenti furono pronunciati simultaneamente dal Signore. Oppure potrebbe simboleggiare i tre differenti concetti che lo Shabbat celebra: La Creazione, la liberazione dalla schiavitu' egiziana e l'attesa dell'Era Messianica. Forse la difficolta' ad avere una spiegazione certa e comune, risiede nel fatto che nella Torah il termine Challah non e' riferito al pane tradizionale dello Shabbat, ma a quella porzione di impasto che si toglieva per essere offerta al Tempio. Dopo la distruzione del Tempio, si comincio' a bruciarla nel forno, separatamente dal pane. Infine i semi sparsi sulla superficie, rappresentano la vita e la fertilita'. Si aggiungono uova all'impasto, per arricchirlo e renderlo speciale, diverso dal pane degli altri giorni: la Challah e' il pane benedetto di Shabbat! Per alcuni ebrei ortodossi, persino il modo di porzionare la Challah riveste grande significato: nonostante il coltello sia presente sulla tavola, non lo si usa per tagliare il pane, in ricordo di Abramo che non uso' il coltello sul figlio Isacco; la Challah viene fatta girare tra i commensali ed ognuno ne stacca un pezzo. Le Challot vengono benedette con una speciale preghiera, il Motzi, prima di essere spartite e fino al momento della benedizione, restano coperte da un telo. Dopo essere state benedette, vengono cosparse di sale: la tavola dello Shabbat e' paragonata all'altare del Tempio di Gerusalemme e come si spargeva sale sui pani offerti al Tempio, cosi' si sparge sul pane dello Shabbat....

Con tutto questo carico di significato e simbolismo, voglio vedere a chi verrebbe voglia di far finire tutto " a pane e salame"!!
Nel corso delle   mie "ricerche", ho incontrato anche un altro concetto legato al pane che ho trovato davvero affascinante: sapete perche' il pane non cresce gia' bell'e pronto? Perche' mettendo insieme grano, acqua e fuoco, l'uomo possa partecipare al processo della Creazione. Forse se tutti noi ci sentissimo un po' piu'  artefici, un po' piu' coinvolti in questo processo, avremmo piu' rispetto per questa Terra che ci e' stata concessa solo in prestito...

Ed ecco, in "due parole", il motivo per cui Eleonora, nel presentarci la ricetta da lei scelta come oggetto di sfida per l'MT Challenge di Ottobre, l'ha chiamata Pane dolce del Sabato: perche' 
NON E' UNA CHALLAH!

Ovviamente mi scuso con Eleonora e con tutti gli ebrei per le eventuali imprecisioni, le generalizzazioni e la superficialita' con cui ho trattato l'argomento! 

Ed ora arriviamo, finalmente direte voi, alla ricetta, che presento fuori concorso, dato che ho arbitrariamente modificato le dosi indicate da Eleonora nella sua ricetta. La pazienza non figura nell'elenco delle mie molte, moltissime virtu' e questo impasto, invece, ne richiede tanta: va lavorato a lungo, con amore e dedizione, come e' giusto che sia. Io sono andata per le spiccie e ho aggiunto farina. Troppa per passare inosservata! Dato che io all'MT Challenge non partecipo per vincere, ma solo perche' mi diverto e imparo un sacco, la presento lo stesso... e poi il ripieno merita una chance!

Pane dolce del Sabato
con marmellata di prugne all'anice stellato
cacao e noci fresche


La ricetta di Eleonora


per due trecce ripiene:

500 gr di farina 0

2 uova grandi medie (circa 60-62 gr con il guscio)

100 gr di zucchero
20 gr di lievito di birra 
125 ml di acqua tiepida
125 ml di olio extra vergine d'oliva
10 gr di sale
100 gr di uva passa 
un tuorlo d'uovo
un cucchiaio di acqua
semi di sesamo e papavero


La mia ricetta

per tre trecce ripiene

500 g di farina manitoba
300 g di farina 00
10 g di lievito di birra liofilizzato istantaneo
150 g di zucchero
10 g di sale
3 uova medie
125 ml di olio EVO
175 ml di acqua
1 tuorlo+1 cucchiaio di acqua
semi di sesamo

per il ripieno per una treccia

150g di marmellata di prugne all'anice stellato
1 cucchiaio di cacao amaro
10 noci fresche, private della pellicina e tritate grossolanamente.

Io ho utilizzato il mio KitchenAid rosso fiammante, che meno kasher di cosi' non si potrebbe, visto che si chiama Piccolo Aiutante di Babbo Natale... e quindi il procedimento e' il seguente:

in una grande ciotola ho setacciato le due farine e poi ne ho tolti 50 g che ho utilizzato per infarinare il piano di lavoro; ho poi aggiunto lo zucchero, il lievito e il sale ed ho mescolato accuratamente con una frusta; ho versato un terzo della miscela nella ciotola della planetaria, montata con il gancio per impastare; ho versato l'acqua tiepida e ho lasciato impastare per un minuto; ho aggiunto un altro terzo di mix e l'olio ed ho lasciato impastare ancora fiche' era tutto ben amalgamato; ho unito l'ultimo terzo di farina ed in seguito le uova, una ad una, aspettando che ogni uovo fosse  assorbito prima di aggiungere il successivo.
Ho lasciato impastare a velocita' 1 per 15 minuti circa, poi ho rovesciato l'impasto sul piano di lavoro ben infarinato e l'ho lavorato con le mani ancora qualche minuto, finche' e' diventato liscio e non appiccicoso: l'ho sbattuto ripetutamente sul piano di lavoro, per circa un minuto, l'ho raccolto a palla e messo in una grande ciotola coperto da un panno umido; l'ho lasciato lievitare in un luogo tiepido finche' e' raddoppiato di volume, meno di due ore.
Mentre l'impasto lievitava, ho preparato il ripieno, scaldando a fuoco dolce la marmellata con un cucchiaio d'acqua, per scioglierla un po', e poi ho aggiunto il cacao e le noci, mescolando bene per amalgamare il tutto. 
Ho rovesciato l'impasto lievitato sulla spianatoia, l'ho lavorato velocemente per sgonfiarlo e l'ho diviso in tre parti; due di queste le ho messe su un vassoio infarinato e le ho coperte con un telo pulito, mentre mi dedicavo alla formazione della prima treccia; ho diviso nuovamente in tre il pezzo di impasto, ricavando tre rotolini che ho poi allargato in tre rettangoli di circa 35 x 8 cm sui quali ho distribuito un paio di cucchiaini di ripieno, avendo cura di lasciare circa 1,5 cm di bordo; ho poi arrotolato i rettangoli per formare i tre capi della treccia, li ho uniti ad una delle estremita' e li ho intrecciati: ho spennellato le estremita' con pochissima acqua per facilitare la saldatura.
Ho messo la treccia su una placca da forno unta d'olio e l'ho messa a lievitare, coperta da un panno, per altre due ore.
Ho acceso il forno a 200° e mentre scaldava ho spennellato delicatamente la treccia con il tuorlo d'uovo mescolato al cucchiaio d'acqua e poi l'ho cosparsa di semi di sesamo. Quando il forno ha raggiunto i 200°, ho infornato la treccia e l'ho fatta cuocere per 25 minuti, abbassando la temperatura a 180° a meta' cottura.
L'ho tolta dal forno e l'ho lasciata raffreddare completamente prima di affettarla.



Con questo Pane dolce del Sabato, partecipo fuoriconcorso all'MT Challenge di Ottobre
del blog Menu Turistico in collaborazione con Eleonora del blog Burro e Miele