martedì 28 maggio 2013

Chiedo scusa alla Puglia, ma io non l'ho mai chiamata Taieddhra...



...o Tjella, Taiella, Taiedda, Tiedd...o quant'altro. Io, anzi, la mia mamma l'ha sempre chiamata riso, patate e cozze. E se mi fermo un attimo a pensarci, mi sembra di sentire una  vocetta di bimba, chiedere alla mamma di prepararle le cozze con il riso e le patate, ma, come dice il poeta: " Quella che noi chiamiamo rosa, anche chiamata con un altro nome, avrebbe lo stesso odore soave " ...si', lo so anch'io che le cozze e le rose non hanno lo stesso odore...era per dire....Comunque, quando ho visto la ricetta proposta da Christian per questa tornata di MTC, vi dico la verita', mi son quasi commossa. Senza il quasi. Per due motivi: il primo e' che finalmente mi sarei confrontata con un piatto non solo conosciuto, ma amatissimo; secondo, questa e' una di quelle ricette che anche solo a pensarci, mi catapultano indietro nel tempo, alla mia infanzia spensierata, alle estati senza scuola - quella scuola che io, asina dentro fuori e tutt'intorno, subivo come un supplizio dolorosissimo - ai pranzi domenicali, alla mamma in cucina...Si', perche' la mia mamma lavorava a tempo pieno, dal lunedi' al sabato, e molto spesso la domenica era l'unico giorno della settimana in cui si poteva dedicare alla cucina e tutto quello che usciva, e ancora esce, dalle sue mani e dalle sue pentole, aveva, e ancora ha,. un profumo e un sapore inarrivabili. Mi riporta le immagini e i ricordi legati alla nostra vecchia casa, la prima della mia vita e l'unica alla quale sia rimasta davvero affezionata. E adesso eccomi li', nella nostra cucina con il pavimento di graniglia bianco e nero, la porta finestra aperta sul piccolo terrazino che sporge sul giardino delimitato dalla siepe in fiore e con il vecchio pesco nel mezzo. Il mio cane Ali', bellissimo pastore tedesco, dorme pacifico, incurante dei gattini che gli giocano intorno e si azzuffano fra le sue zampe. Il cielo e' azzurro, il sole brilla, l'aria vibra di trilli, fischi, ronzii...e marmitte elaborate e profuma di glicine e di tiglio, di rosa e di acacia...e di cozze. Io, inginocchiata su una sedia accostata al tavolo, un grembiule della mamma che mi arriva alle caviglie e mi avvolge come un sari indiano. La mamma e' in piedi, accanto a me, davanti a lei la grossa pentola di alluminio e schierati in bell'ordine sul tavolo, tutti gli ingredienti: le patate tagliate a fettine, alcune spesse, altre piu' sottili, le cipolle anche loro affettate sottilmente, i pomodori spellati e privati dei semi, la bottiglia dell'olio, il sale, il pepe, il prezzemolo e il basilico....e le cozze, aperte e ancora nella loro mezza valva. Davanti a me, la ciotola con il riso, perche' era compito mio versarlo piano piano, quasi chicco per chicco, dentro al  guscio delle cozze...
e si cominciava: un giro d'olio sul fondo della pentola, uno strato di patate, quelle piu' spesse, poi le cozze... e adesso tocca a me con la piogerella di riso, poi i pomodori, il parmigiano, il prezzemolo, il basilico, uno strato di cipolle e ancora le patate, quelle piu' sottili, un filo d'olio, sale e pepe...e si ricomincia con le cozze, poi il riso, il pomodoro.....


Ora, va detto che la mia mamma e' toscana, maremmana di Massa Marittima, il mio papa' era bergamasco e noi vivevamo in provincia di Milano. Per me questa ricetta che conosco ed amo da sempre, non era altro che una delle meraviglie che la mia mamma riusciva a compiere in cucina, uno dei miei piatti preferiti, perche' raro e anche perche' noi piccoli eravamo autorizzati a mangiarlo con le mani - e io mi divertivo un mondo a scavare i gusci di cozza con un dito, infilarmi in bocca il loro gustoso contenuto e poi ciucciarmeli e leccarmeli per bene - e soprattutto perche' buonissimo! Confesso qui la mia ignoranza: solo da pochissimi anni ho scoperto trattarsi di una delle ricette piu' tipiche e rappresentative della gastronomia pugliese, infatti  ora so che mia mamma l'ha imparata da un'anziana signora barese, e mai e poi mai avrei pensato che potesse divenire oggetto di beghe di righiera! Eppure e' cosi': cozza col mezzo guscio, cozza sgusciata; prima le cozze poi il riso, prima il riso e poi le cozze; zucchina si' zucchina no; erbe aromatiche? ci vogliono! erbe aromatiche? nemmeno morta! tegame di coccio, teglia di alluminio...pirex!; sale? certo! ma che sei scema?! basta l'acqua delle cozze! io le cozze le faccio aprire in padella, aaaaaarghhhhh...la cozza aperta a crudo ci vuole! cottura sul fuoco, cottura in forno, cottura sia sul fuoco che in forno...a 160 gradi, manooooo 180, anche 200, coperto, scoperto, coperto all'inizio e poi scoperto per far gratinare le patate, scoperto all'inizio e poi coperto per non far bruciare le patate.....pecorino, parmigiano, pecorino e parmigiano insieme...e una bimba con gli occhi sgranati ad osservare con infantile stupore questo strano mondo dei grandi. Un gran bavaglio intorno all'esile collo a proteggere il vestitino della festa, cucito dalla mani d'oro della sua mamma...e in mano un guscio di cozza, nero e lustro, con il suo saporito, morbido, profumato e invitante carico. Sbatte le palpebre, squote la testa, alza le spalle e...gnam!


Quella bambina, ora che e' diventata grande, vive all'estero, fa la spola tra Olanda e Francia e molto raramente, quasi mai, ha a disposizione i prodotti che, insieme alla creativita' ed alla passione per il buon cibo, hanno fatto si' che nel nostro paese si sviluppasse una delle migliori cucine del Mondo. Ho rinunciato a mangiare italiano? Giammai! Mi arrangio con quel che trovo, adattando di volta in volta le ricette per far posto a nuovi, esotici ingredienti. Vi assicuro che il Gouda  nelle lasagne, solo per fare un esempio, ha il suo perche'. Del resto, senza un minimo di elasticita' mentale, tolleranza e spirito di adattamento, non solo nei confronti del cibo, non avrei potuto fare queste meravigliose esperienze di vita in paesi diversi da quello in cui, per caso e non per scelta aggiungo, sono nata.
Per la mia ricetta della Taieddrha di riso patate e cozze, ho voluto riunire in un unico piatto la memoria e le nuove informazioni apprese da quando frequento i blog di cucina, quindi ho mantenuto il metodo della mia mamma, che potete trovare descrittoqui, ma ho usato un tegame di coccio e la cottura in forno, come indicato nella ricetta originale proposta da Christian. 
La seconda versione, invece, e' un esempio di quello che puo' uscire dalla mia cucina quando mi trovo a dover soddisfare la voglia di piatti della nostra tradizione, con l'offerta dei supermercati olandesi: il riso, anzi, i risi di origine italiana sono sconosciuti e quando si trovano costano cifre ridicolmente alte, mentre i risi asiatici a chicco lungo sono diffusissimi. I pomodori gialli, invece, sono uno di quegli alimenti che ho conosciuto ed imparato ad apprezzare proprio in Olanda e che trovo senza difficolta' anche qui in Francia.


In entrambi i casi, ho mantenuto l'apertura delle cozze a caldo, perche' la mia mamma mi ha insegnato che si utilizzano solo quelle che si aprono con il calore, mentre si scartano quelle che restano chiuse.
Ovviamente queste NON SONO "la ricetta tradizionale pugliese", ma una rivisitazione fatta secondo il mio gusto e le mie necessita'.
Chi fosse interessato alla ricetta tradizionale....se la puo' cercare su Google, perche' si dice il peccato, non il peccatore....chi ha orecchie per intendere, intenda ...e gli altri in roulotte!



E nella mia roulotte oggi si mangia cosi':

Taieddhra riso patate e cozze



Ingredienti

Cozze aperte, con una sola valva
riso per risotti
patate
cipolle
prezzemolo
basilico
pomodoro fresco o conserva se non e' stagione
parmigiano grattugiato
sale e pepe
olio extravergine d'oliva

Conservate il liquido rilasciato dalle cozze e filtratelo.
Preparate prima tutti gli ingredienti, in modo di averli sottomano quando dovrete fare gli strati. Sbucciate la cipolla e affettatela finemente. Lavate, sbucciate e tagliate a rondelle sottili, 
circa 2 o 3 mm, le patate. Tagliatene alcune a fette un po' piu' spesse: serviranno per il primo strato. Lavate, asciugate e tritate al coltello il prezzemolo. Passate il basilico con un panno appena umido e tritate anche lui piuttosto grossolanamente. Se e' stagione di pomodori, scottateli, pelateli, eliminate i semi e tagliateli a fettine. Altrimenti utilizzate dei pomodori pelati a pezzetti. Versate il riso in una ciotola.
Versate poco olio sul fondo della casseruola. Fate un primo strato con le rondelle di patate piu' spesse. Coprite con le cozze nel loro mezzo guscio. Fate cadere il riso a pioggia, in uno strato sottile che non deve ricoprire le cozze, ma avendo cura di riempire le valve. Distribuite il pomodoro, cospargete di poco parmigiano, poi il prezzemolo e il basilico. Fate ora uno strato sottile di cipolla e coprite tutto con le fette piu' sottili di patate. Fate un giro d'olio, salate e pepate poco e ricominciate con le cozze. Finite con uno strato di patate.  Versate l'acqua filtrata delle cozze lungo il bordo della casseruola fino a che, inclinando leggermente la pentola, non raggiungera' l'ultimo strato di patate.
 Coprite e infornate in forno gia' caldo a 180 gradi per un'ora e un quarto, scoprendo il tegame dopo circa 40 minuti. Assaggiate le patate e il riso per valutare la cottura. Lasciate riposare una ventina di minuti prima di servire.
La taieddhra eretica
alla " bimbaminchia"



Ingredienti

cozze aperte con la loro mezza valva
riso jasmine
patate a rondelle sottili
zucchine a rondelle sottili
cipolla affettata
pomodorini ciliegia gialli
prezzemolo
sale e pepe
parmigiano grattugiato
olio EVO

Procedere come per la precedente ricetta, aggiungendo le zucchine allo strato di patate.




Con queste due PERSONALISSIME versioni della Taieddhra di riso patate e cozze









lunedì 20 maggio 2013

Soffici profumati irresistibili Dinner Rolls!

Dato che tempo per cucinare ne ho davvero pochino in questo periodo, ho pensato che fosse il momento ideale per occuparmi di una faccenda rimasta in sospeso per un anno e mezzo: le foto dei miei primi post, andate disperse nel passaggio da una piattaforma all'altra. Alcune le avevo salvate, altre no e quindi mi e' toccato rifarle quando ho avuto l'occasione di cucinare nuovamente la ricetta rimasta orfana di immagini. Comincio da questi sofficissimi e profumatissimi panini, che ho avuto modo di assaggiare per la prima volta durante il nostro primo viaggio negli USA vent'anni fa e che da allora ho piu' volte cercato di replicare in casa, per anni e anni senza alcun successo. Solo in tempi veramente recenti, grazie alla possibilita' di reperire ricette ed ingredienti appropriati e anche grazie all'esperienza maturata, sono riuscita ad ottenere il vero dinner roll. Ripubblico il vecchio post anche perche' estremamente attuale, dato che oggi, proprio come allora, comincia l'ennesimo tentativo di perdere qualche kilo, insieme magari a qualche centimetro, di quelli che si sono depositati anno dopo anno su questa vecchia carcassa, decisi piu' che mai a non volerla piu' abbandonare....




Doveva succedere, prima o poi. Era nell'aria gia' da un po'. Le situazione ha cominciato a degenerare circa un paio di anni fa, ma noi abbiamo voluto ignorare il problema. Il punto critico era stato raggiunto gia' da mesi, quando ho deciso di aprire questo blog e, lo ammetto, questa cosa non ci ha aiutati per niente, anzi, e' stato il fatidico colpo di grazia, la classica goccia che fa traboccare un vaso troppo pieno. Ormai questi abiti ci vanno troppo stretti, comprimono, ci tolgono il respiro. Adesso non resta altro da fare se non arrendersi all'evidenza e accettare di prendere, a malincuore e con molta tristezza, l'unica decisione possibile: metterci a dieta! Solo un' ultima cena, l' ultimo surplus di calorie, l' ultima endovenosa di colesterolo e poi...sara' tutto finito! Ma almeno andiamocene col botto! Questi panini sono soffici nuvole di puro piacere: il ricordo del loro profumo e del loro sapore mi consolera' nei lunghi, tristi mesi a venire...Che amarezza!!

Dinner rolls



Ingredienti:
1 bustina di lievito secco
60 gr di acqua calda
70 gr di zucchero
55 gr di burro
1 cucchiaino di sale
250 gr di latte caldo
1 uovo leggermente sbattuto
250 gr di farina Manitoba
300 gr di farina 0
2 cucchiai di burro fuso per lucidare i rolls



In una capace ciotola versate l'acqua calda e spargeteci sopra il lievito secco. Mescolate con una forchetta, finghe' il lievito sara' completamente sciolto. In un pentolino mettete il latte, il sale, il burro e lo zucchero. Fate scaldare, mescolando per far sciogliere lo zucchero, fino a quando il burro sara' fuso. Togliete il pentolino dal fuoco e lasciate intiepidire il latte fino ad una temperatura di circa 40 gradi. Mentre il latte si raffredda, setacciate le due farine in una ciotola. Quando il latte sara' tiepido, unitelo al lievito e aggiungete anche l'uovo sbattuto. Mescolate bene per amalgamare gli ingredienti e poi versateci anche 500 gr di mistura di farine, una tazza alla volta, fino a formare un impasto morbido. Spargete il resto della farina sul piano di lavoro, rovesciateci l'impasto e lavoratelo con le mani per circa 5 minuti incorporando man mano tutta la farina. Imburrate una ciotola, versateci l'impasto e rotolatecelo dentro in modo che risulti completamente unto. Coprite con un panno umido e mettete a lievitare in un luogo caldo per almeno un'ora o finche' non raddoppia di volume. A questo punto rovesciate l'impasto lievitato sul piano di lavoro e impastate per fare uscire tutta l'aria. Dividetelo in 24 pezzi e formate delle palline che metterete poi in una teglia rettangolare unta di burro facendo attenzione che non si tocchino tra loro. Copritele con un panno e lasciate lievitare ancora per circa 30 minuti. Nel frattempo accendete il forno e portatelo a 180 gradi. Fate cuocere per circa 20 minuti o finche' i rolls non saranno ben dorati in superficie. Togliete dal forno e spennellate i rolls di burro fuso. Servire ancora tiepidi.





sabato 18 maggio 2013

oeufs en cocotte aux truffes



Vecchia ricettina, facile facile, che ripubblico molto volentieri per partecipare alla raccolta della mia bloggamica Rosaria. Come lei anch'io amo molto le uova e non vedo l'ora di poter utilizzare quelle delle mie gallinelle. Per ora mi accontento di poterci mettere i miei tartufi. Quando e' stagione, ovviamente.



Ricettina di una semplicita' disarmante, velocissima, gustosa ed economica! Economica per noi, che abbiamo i tartufi gratis!! Me la sto tirando? Eh si', me la sto tirando...ma chissene! Voi non sareste contenti di raspare un po' nel giardino di casa e tirarne fuori dei profumatissimi tartufi? Io lo sono, eccome. Come ho gia' detto, non sono della qualita' piu' pregiata, ma a noi piacciono tantissimo e ce li stiamo gustando in mille modi. Secondo me, l'abbinamento piu' azzeccato e' con le uova, soprattutto se si lasciano uova e tartufi insieme, chiusi in un contenitore e al fresco, per un paio di giorni, prima di consumarli.

giovedì 9 maggio 2013

Louis' Lunch: dove tutto ebbe inizio...forse...e la ricetta perfetta per gli hamburger buns



Ci troviamo a New Haven, Cunnecticut, e corre l'anno 1900. Un gentiluomo evidententemente trafelato entra in una tavola calda e, rivolgendosi al propietario, Louis Lassen, gli comunica di avere molta fretta e gli chiede se non potrebbe preparargli qualcosa da poter mangiare strada facendo. Louis non si perde d'animo e in men che non si dica gli presenta una delle sue famose bistecche di carne macinata, che lui prepara secondo una ricetta personale, cotta alla griglia e infilata tra due fette di pane tostato. Cosi' nasce il piu' famoso dei sandwich americani.
Ai giorni nostri, il pronipote di Louis, Jeff Lassen, porta ancora avanti la tradizione di famiglia. Gli hamburger dello storico locale sono cambiati pochissimo dall'antico prototipo e rimangono la specialita' della casa: le "polpette" sono ancora oggi fatte a mano secondo la ricetta di Louis, che prevede una miscela di ben cinque carni diverse, e vengono cotte alla perfezione sulle griglie originali datate 1898. La famiglia Lassen e' sempre rimasta ostinatamente fedele al desiderio del capostipite di non servire alcun condimento insieme al panino: formaggio, pomodoro e cipolla sono gli unici accompagnamenti consentiti.
Louis' Lunch e' qualcosa di piu' che solo un altro locale in cui mangiare ed ha avuto e ancora ha un posto tutto speciale nel cuore di diverse generazioni di abitanti del luogo. Agli inizi degli anni '70, ha rischiato di essere demolito per far posto ad un nuovo grattacielo. Decine di clienti affezionati si sono mobilitati affinche' il locale venisse conservato. Solo poche ore prima della scadenza, i piani per la sua sopravvivenza si sono concretizzati: il locale e' stao caricato su un grosso camion ed ha fatto un viaggio di 30 minuti fino alla sua definitiva ed attuale dimora al 261/263 di Crown Street. Per contribuire alla ricostruzione delle sue antiche e venerate mura, migliaia di amici e sostenitori hanno inviato mattoni da ogni parte del mondo. Ognuno di essi con la propria storia.
Esiste perfino uno slang, una sorta di idioma particolare e caratteristico utilizzato dai clienti abituali di questo locale. Se vi capitasse di andarci un giorno, potreste sentire qualcuno ordinare " due lavori al formaggio, un'insalate e una betulla" che sta per "due cheesburgers con contorno di insalata di patate e una "birra" di betulla", che e' una bevanda analcolica e frizzante ricavata dalla cortecia delle betulle o delle querce...ci sarebbero tantissimi altri esempi, ma perche' non andare a scoprirli di persona? Io questo posto me lo metto in cima alla lista delle cose da vedere nel mio prossimo viaggio in New England!! 
Io adoro l'hamburger, cosi' caldo, morbido, succoso e saporito. Non ho alcuna remora a frequentare, anche se raramente, i fast food, ma ovviamente preferisco di gran lunga la versione homemade, pane e salse compresi. Ho provato varie ricette di buns, i tipici panini tondi, soffici e dolci, tradizionalmente utilizzati per questo sandwich. La migliore e' sicuramente quella che condivido con voi oggi e l'ho scoperta su un sito canadese, non me ne vogliano i miei carissimi amici statunitensi. Con la stessa ricetta si posso realizzare anche i rolls, cioe' i panini soffici di forma allungata che si usano per gli hot-dogs. 

Hamburger buns


Ingredienti per 16 panini

2 cucchiai di zucchero
250 ml di acqua
30 g di burro
1 bustina di lievito di birra secco
250 ml di latte
1,5 cucchiaini di sale
300 g di farina Manitoba
335 g di farina 0
1 tuorlo
semi di sesamo o di papavero facoltativi

In una ciotola unite il lievito, un cucchiaino di zucchero e l'acqua a circa 25 gradi. Mescolate bene e lasciate riposare finche' non si sara' formata una schiumina in superficie, circa 10 minuti.
Nel frattempo scaldate il latte con il burro, il sale ed il rimanente zucchero e quando il burro si sara' sciolto, togliete dal fuoco, lasciate intiepidire e unitelo al lievito.
Setacciate le due farine in una ciotola capiente, formate al centro una fontana e versateci il mix di liquidi a filo e mescolando con un cucchiaio di legno, fino a formare una pastella morbida, Gradatamente incorporate anche il resto della farina, sempre mescolando con il cucchiaio. Versate poi l'impasto sul piano di lavoro infarinato e impastate energicamente per una decina di minuti finche' avrete un impasto liscio, elastico e non appiccicoso che raccoglierete poi in una palla.
Imburrate bene una grande ciotola, trasferiteci l'impasto e fatelo rotolare, im modo che la superfice sia ben unta. Coprite con un panno umido e lasciate lievitare in un luogo tiepido fino a che non raddoppiera' di volume, circa un'ora.
Riprendete l'impasto, lavorate un po' sul piano infarinato per far uscire l'aria, dategli la forma di un filoncino e tagliatelo in 16 parti uguali. Formate ognuna a pallina, disponetele, ben distanziate, su una placca da forno imburrata o coperta di cartaforno, copritele con un panno e rimettetele a lievitare per un'ora.
Accendete il forno a 200 gradi, diluite il tuorlo con due cucchiai di acqua e usatelo per spennellare delicatamente la superficie dei panini. volendo spolverizzateli di semi di sesamo o di papavero. Infornate in forno caldo per 5 minuti, poi abbassate la temperatura a 180 gradi e lasciate cuocere per altri 20 minuti o finche' la superficie non sara' ben dorata. Sfornate, lasciate raffreddare sulle teglie per qualche minuto e poi trasferiteli su una gratella.
Si possono congelare fino ad un mese, ma si conservano benissimo anche a temperatura ambiente, purche' protetti dall'aria, per tre o quattro giorni. Basta riscaldarli in forno per qualche minuto prima di utilizzarli, oppure dividerli in due e farli grigliare insieme agli hamburger.





sabato 4 maggio 2013

conserve di zenzero: sciroppato e con aceto di riso




In India e in Cina, lo zenzero viene utilizzato da migliaia di anni. Il suo nome sanscrito era srngaveran, mentre, fortunatamente, quello attuale pare derivi dall'indiano zingibil, che i Greci tradussero in ziggiberis e i Romani in zinziberi. Secondo alcuni etimologisti, invece, il nome deriverebbe da quello dato alla spezia dai mercanti arabi, cioe' zind-schabil, che significa radice. Il termine ginger, infine, deriva dall'Inglese Medioevale gingivere. Gia' molto conosciuto all'epoca della Roma Imperiale, lo zenzero quasi scomparve dall'Europa in seguito alla caduta dell'Impero Romano. Ricomparve grazie a Marco Polo e nel 1300 in Inghilterra era talmente ricercato, che il costo di una libbra di zenzero in polvere equivaleva quello di una pecora. Intorno al 1500, i gia' citati mercanti arabi cominciarono a trasportare, sulle navi provenienti dall'India, alcuni rizomi piantati in vaso. In questo modo la coltivazione della pianta si diffuse dapprima in Africa, in particolare a Zanzibar, e da li' ai Caraibi. Attualmente lo zenzero e' coltivato piu' o meno in ogni paese tropicale e sub tropicale come Jamaica, Hawaii, Australia e America Centrale, anche se il maggior produttore resta sempre l'India, con un buon 35% della produzione mondiale e, mentre un tempo lo si poteva trovare solo essicato e in polvere, con la velocita' dei trasporti moderni  oggi la radice fresca di zenzero e' facilmente reperibile anche nei negozi e nei supermercati di tutta Europa. Qui in Olanda la si trova ovunque e da quando vivo qui uso sempre la radice fresca, a meno che la ricetta non richieda lo zenzero in polvere, come per i biscotti, ad esempio. Mi piace moltissimo sia cruda, grattugiata o tagliata finissima, nelle insalate e nelle macedonie, sia cotta, con la carne o il pesce, in creme o salse. Per quanto spesso la utilizzi,  pero', difficilmente riesco a consumare una radice intera prima che diventi irrimediabilmente e sgradevolmente asciutta e filosa. Cosi' ho cominciato a cercare dei metodi di conservazione che mi permettessero di conservare il piu' possibile le caratteristiche di sapore e consistenza dello zenzero fresco. Li ho trovati quando ho provato a conservare lo zenzero sotto aceto e in sciroppo. Il primo lo uso nelle ricette salate, il secondo per i dolci. Se non trovate l'aceto di riso o se non vi va di comprarlo solo per questo scopo, provate con l'aceto di mele o di vino bianco. Non so pero' se in questo caso avrete la caratteristica colorazione rosa pallido che lo zenzero prende dopo qualche tempo e che pare sia indice di buona qualita' dell'aceto. Appassionati di cucina giapponese state all'occhio, perche' molti "gari" che si trovano in commercio, sono realizzati con aceti scadenti o rizomi vecchi e poi addizionati di coloranti chimici. Per queste preparazioni sarebbe meglio utilizzare dello zenzero giovane o zenzero di primavera, raccolto cioe' dopo 5 mesi dalla messa a dimora del rizoma madre, ma e' difficile reperirlo nei comuni supermercati. Forse in questo periodo lo si puo' trovare nei negozi specializzati in alimenti ed ingredienti di cucina asiatici e pare che valga la pena di fare uno sforzo per trovarlo. Io comunque ho ottenuto risultati piu' che soddisfacenti anche con le radici normalmente in commercio, il cosiddetto zenzero maturo, pero' scelgo sempre i rizomi dall'aspetto "paffuto", con la "pelle" il piu' liscia possibile, quasi lucida e senza rughe. L'anno scorso ho anche provato a coltivarlo: una radice che avevo acquistato ha cominciato a germogliare, come fanno le patate, così ho pensato di interrarla e vedere cosa ne veniva fuori. Dato che eravamo ad inizio estate, ho lasciato il vasetto all'aperto in pieno sole. Questo perché l'estate olandese non è certo calda e arida, altrimenti è bene sapere che lo zenzero non ama la luce diretta del sole. Dopo pochissimi giorni è cresciuta una piantina seguita, dopo un paio di settimane, da un'altra.  Verso fine settembre ho disotterrato il rizoma, che in effetti era "ringiovanito", e l'ho utilizzato come d'abitudine. In realtà se si vuole coltivare lo zenzero in casa, il periodo di messa dimora è fine inverno tenendo i vasi al caldo fino a primavera inoltrata. Quando le temperature lo consentono si possono portare fuori e la raccolta può iniziare dopo circa 5 mesi, prelevando piccole porzioni di radice dalle zone più esterne della pianta. Questo zenzero giovane non avrà, però, il sapore deciso che acquista invece a completa maturazione, cioè dopo che la pianta avrà perso tutte le foglie. 

Conserva di zenzero
con aceto di riso




100 g di radice di zenzero
1 cucchiaio di sale marino
70 g di zucchero
150 ml di aceto di riso

Lavate e asciugate lo zenzero, pelatelo ed affettatelo il più sottilmente possibile, con una mandolina o con il pelapatate. Mettetelo in una ciotola e cospargetelo di sale, mescolando bene perché il sale si distribuisca il più uniformemente possibile. Lasciatelo marinare per circa 30 minuti, dopodiché scolatelo e distribuitelo in vasetti piccoli, puliti e sterilizzati. Portate ad ebollizione l'aceto di riso con lo zucchero, lasciate bollire per un minuto e poi versate il liquido sullo zenzero, riempiendo i vasetti fin quasi all'orlo. Lasciate raffreddare, chiudete i vasetti e conservateli al fresco per almeno una settimana prima di utilizzare lo zenzero. Io conservo i vasetti in frigorifero sia prima che, ovviamente, dopo averli aperti e mai per più di tre mesi. Se si desidera conservarli più a lungo, meglio sterilizzarli con il metodo normalmente utilizzato per i sottaceti.


Zenzero sciroppato



100 g di radice di zenzero
100 g di zucchero di canna scuro
200 ml di acqua

Lavate, asciugate e pelate lo zenzero. Tagliatelo a tocchetti di circa 2 cm e poi in bastoncini. Mettetelo in una casseruola, coprite con acqua fredda e portate a bollore. Lasciate bollire 5 minuti poi scolate. Conservate l'acqua della bollitura: con un po' di miele è buonissima! Ripetete l'operazione altre due volte, sempre conservando l'acqua, se vi va. Fate uno sciroppo con 100 g di zucchero di canna scuro e 200 ml di acqua, lasciandolo sobbollire per 5 minuti. Unite anche la radice di zenzero scolata dall'ultima bolliture e lasciate sobbollire ancora per 5 minuti, facendo attenzione che lo sciroppo non si addensi troppo. Distribuite nei vasetti, come sempre perfettamente puliti e sterilizzati, chiudete, lasciate raffreddare e conservate in frigorifero per un massimo di tre mesi.

giovedì 2 maggio 2013

chi mi ama mi segua

Da oggi potete divertirvi alle mie spalle anche qui:

vado a vivere in campagna!

Vi aspetto per ridere insieme delle mie disavventure nella campagna francese!